Summerhouse
Grøgaard & Slaattelid
Bærøtangen
Kragerø
Norway
Finished 2011
Come una testuggine, questa piccola casa sembra stare lì, appoggiata e ferma, in attesa di incontrare chi la abiti e potersi rimettere finalmente in movimento. Il riparo appare da subito un unico guscio, continuo e monomaterico, fatto della stessa sostanza vegetale di molta parte della natura che la circonda, mostrando da entrambi i lati (dal fiordo o dal lato di chi arrivi) un ampio taglio, un riparo-loggia, promessa di un interno caldo e accogliente dove ripararsi. Già da lontano la sua continua crosta lignea, a scaglie sovrapposte, che si solleva dal suolo per continuare nelle pareti verticali e poi, con una lieve curva compatibile con l’andamento del rivestimento ligneo, divenire dolcemente tetto e poi di nuovo parete, segnala chiaramente che la casa è stata risolta come fosse un solo grande e continuo tetto. In questo pensiero appare chiaro l’omaggio al maestro del primo modernismo norvegese Knut Knutsen che nella sua casa di vacanze a Portør del 1946, pur se con altre forme, risolve sostanzialmente la casa come un unico, organico tetto poggiato a coprire un anfratto tra grandi massi granitici. Con grande sapienza Hjeltnes rende personale questo archetipo della casa-tetto lavorando sulla doppia visione, dal fiordo o dall’arrivo dall’interno del territorio. Il percorso ad un certo punto si manifesta davanti al visitatore divenendo una passerella che materializza e rende chiaro il camminamento su una natura che non viene modificata. Il percorso è una traccia, un invito a seguire quella scia che l’architetto ha predisposto per condurci alla casa che è posta su un leggero poggio e quindi è vista dal basso per chi vi arrivi, per poi attraversarla e - sempre con il medesimo percorso-passerella - giungere al piccolo molo sul fiordo. La casa, semplice e tutta disegnata in pannelli in legno montati a secco e quindi coerente con il sistema a “capanna” tipicamente norvegese, è un piccolo rifugio, un rigonfiamento di una natura vegetale dolcemente appoggiato (quasi fosse provvisorio e concettualmente mobile) sull’aspro granito della costa non lontano da Oslo, realizzando un traguardo da e verso la natura. Di certo Knutsen oggi sarebbe contento di questa piccola casa che ha quell’atteggiamento corretto nel rapporto tra artificio e natura di cui ebbe a scrivere nel 1952 su Byggekunst, essere il fondamento per il ben costruire in quanto la natura costantemente ispira l’architetto: “la cosa più importante è che il ritmo e il movimento dal paesaggio alle case sia armonico”. Esattamente come accade in questo piccolo capolavoro di delicatezza.
Nicola Flora